Sono giorni ormai che stiamo assistendo all’intensa attività eruttiva del vulcano Kilauea presso le isole Hawaii, ma mentre osserviamo i video e le immagini, da un lato spettacolari ma dall’altro terribili visti i danni che stanno causando alla popolazione, è bene ricordare che anche l’Italia deve fronteggiare questo tipo di pericoli. Se parliamo di vulcani sul nostro territorio i primi nomi che ci saltano alla mente sono sicuramente Etna, Vesuvio, Stromboli…ma esiste un vulcano, o meglio, un super-vulcano, non così visibile e maestoso come gli altri ma forse più pericoloso: i Campi Flegrei la cui pericolosità è d
ata dal fatto che la caldera è fra le più densamente popolate al mondo e che le precedenti eruzioni hanno interessato aree molto vaste.
Questo campo vulcanico a Ovest di Napoli è caratterizzato da numerosi centri eruttivi che durante gli ultimi 39.000 anni hanno avuto diverse fasi di attività. Dopo l’ultima eruzione, avvenuta nel 1538 e prima della quale per 100 anni si sono registrati innalzamenti del li
vello del suolo fino a 17 metri, i Campi Flegrei sono rimasti quiescenti fino al 1950 quando si è riattivato il sollevamento del terreno. Da quel momento l’area è stata sottoposta a monitoraggi sempre più accurati che hanno come obiettivo il controllo dell’attività sismica, delle temperature del terreno e del chimismo dei gas e dei fluidi emessi dalle fumarole (v. Solfatara di Pozzuoli). Questi parametri, considerati precursori di eruzioni vulcaniche, hanno subìto variazioni importanti negli ultimi anni e ciò ha portato le autorità a spostare il livello di allerta dell’area da verde a giallo, ovvero da una situazione di quiete a una di attenzione scientifica.
Un studio condotto dall’INGV (Istituto Nazione di Geofisica e Vulcanologia) e pubblicato su Nature nel 2015 mostra che uno dei parametri che può portare al risveglio di un vulcano è la pressione che il magma in risalita può avere, passato un certo valore limite infatti il magma incrementa la quantità di gas e liquidi espulsi. Questo ha due risvolti importanti: i fluidi rilasciati da un lato diminuiscono la resistenza meccanica delle rocce soprastanti e dall’altro rendono il magma più viscoso e quindi più pericoloso durante un’eventuale eruzione. Gli autori ricollegano il raggiungimento della pressione limite del magma in risalita proprio al sollevamento del terreno che si sta registrando e auspicano un incremento dell’attività di ricerca.
Attualmente i vulcanologi non si aspettano eruzioni imminenti ma una sempre maggiore conoscenza dell’area e dei processi connessi all’attività vulcanica è vitale per poter garantire allerte anche di alcuni giorni e permettere così l’attivazione di piani di evacuazione.
Attualmente i vulcanologi non si aspettano eruzioni imminenti ma una sempre maggiore conoscenza dell’area e dei processi connessi all’attività vulcanica è vitale per poter garantire allerte anche di alcuni giorni e permettere così l’attivazione di piani di evacuazione.
Evandro Balbi
Leatha
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