Nel 1909, sotto la guida di Luigi Amedeo di Savoia, una spedizione italiana raggiunse sul K2 il massimo livello d’altitudine dell’epoca: 7.500 metri. Quarantacinque anni dopo la situazione era molto differente: gli inglesi avevano raggiunto il punto più alto della Terra e l’Italia cercava di risollevarsi dopo la terribile esperienza della seconda guerra mondiale. Il K2 era quindi l’opportunità per compiere una grande impresa alpinistica chepotesse rappresentare la rinascita del paese. La spedizione del 1954 fu affidata a Ardito Desio, esperto geologo e esploratore, con il patrocinio del CAI. La squadra scelta per l’impresa rappresentava l’élite dell’alpinismo italiano, anche se non mancarono le esclusioni eccellenti, come Riccardo Cassin e Cesare Maestri.

Oltre gli aiutanti hunza e baltì, i protagonisti della scalata furono: Achille Compagnoni, Lino Lacedelli, Erich Abram, Ugo Angelino, Cirillo Floreanini, Pino Gallotti, Guido Pagani, Ubaldo Rey, Gino Soldà, Sergio Viotto, Mario Puchoz e Walter Bonatti. Il 31 luglio 1954, dopo due mesi di preparativi e salite, Lacedelli e Compagnoni raggiunsero la vetta del K2. Il successo della spedizione fu però macchiato da due avvenimenti tragici: il primo vide protagonista Mario Puchoz, che morì per edema polmonare il 21 giugno; il secondo invece riguardò Bonatti e aprì il cosiddetto “caso K2”, una delle pagine più controverse e discusse nella storia dell’alpinismo. Alla vigilia dell’ascesa finale, Walter Bonatti e Mahdi, un hunza esperto, furono designati per portare le bombole di ossigeno al campo nove, dove li attendevano Lacedelli e Compagnoni. Dopo una salita estenuante, i due alpinisti non trovarono il campo nel punto concordato e, mentre l’oscurità scendeva, si resero conto che la tenda era sopra una dorsale, raggiunta solo per poco dalla voce di Bonatti. L’italiano e Mahdi furono così costretti a passare una notte intera all’addiaccio a oltre 8.100 metri di quota, riuscendo miracolosamente a sopravvivere.